Dì ai miei compaesani di Riva che…

Dì ai miei compaesani di Riva che…

Mi ha sempre affascinato la narrazione evangelica della vocazione dell’apostolo (ed evangelista) Giovanni. Guidato dal Battista, egli raggiunge Gesù con quella domanda: “Maestro, dove dimori?”. E dallo scambio, nasce la sequela. Con un’annotazione da parte dell’evangelista: “Quel giorno rimasero con lui. Erano circa le quattro del pomeriggio”. Ci sono alcuni momenti che si imprimono in noi in modo singolarmente significativo e profondo; fanno parte della nostra biografia, divengono talvolta fonte alla quale attingere quando la fatica si fa sentire o quando ci sentiamo smarriti oppure quando…abbiamo bisogno di ritrovare le origini dei nostri legami.

Era il 9 settembre 2009…erano circa le 8.50 del mattino. Non ambisco a sostituirmi all’evangelista, ma è andata proprio così. Accompagno mons. Lino Mottes, dall’ingresso della canonica di Agordo al parcheggio antistante l’ingresso della sagrestia. Vi è parcheggiata la sua Opel corsa blu scuro. Gli apro la portiera. Dà un’ultima, quasi furtiva occhiata alla piazza di Agordo ed alcune lacrime gli solcano il volto. Sale in macchina e parte. In questi pochi e forse per lui interminabili gesti, si chiudeva quel capitolo unico di esistenza e di ministero che ha legato la vita di don Lino alla comunità di Agordo, ma non solo. E in tutto questo, il suo paese d’origine, dall’alto, con l’imponente chiesa dei Ss. Floriano, Antonio e Sisto lo ha ancora una volta quasi “vegliato”. Ed io, giovane prete da pochi mesi, entravo nella comunità di Agordo in attesa di accogliere il nuovo Arcidiacono. A questo prete, spetterà – sabato mattina 01 febbraio – ancora una volta accompagnare don Lino verso il saluto. A questo nostro mondo, che tanto ha percorso, raccontato, amato. A questa comunità di Riva alla quale è rimasto legato. Per entrare nell’attesa della risurrezione finale insieme agli altri Sacerdoti ordiundi ed a don Vincenzo che riposano nella “tomba dei sacerdoti rivamontesi”.

Quando un Confratello sacerdote giunge al termine del suo pellegrinaggio terreno, come ogni esistenza, si apre al Mistero. Ma in quel cuore di prete vi sono racchiuse le confidenze, le fatiche, le gioie, le incomprensioni di tutti coloro che ne hanno attraverso il vissuto e quindi il ministero. Possiamo ricordare la nascita a Villagrande di don Lino, l’annotazione da parte dell’allora curato don Giovanni Ren della sua nascita e del battesimo il giorno stesso, il 29 marzo 1930. Sul registro delle nascite, con doppia sottolineatura, è indicata la data della sua Ordinazione sacerdotale: 05 luglio 1953…a Riva c’era ancora lui, il Curato che lo aveva battezzato ed accompagnato negli anni giovanili e di formazione, don Giovanni. Possiamo riportare le tappe del suo lungo e fecondo ministero, nel quale si rincorrono l’insegnamento, la passione narrativa, gli slanci nei cambi di ministero non esenti da fatiche. Possiamo ricordare l’appassionata vicinanza al “suo” vescovo Gioacchino Muccin. Le date appartengono alla storia di ciascuno. Ma non possiamo narrare del tutto gli incontri che don Lino ha vissuto, i tempi ed i modi dei Sacramenti amministrati, le confidenze ascoltate, le fatiche che si è trovato ad affrontare, non sempre trovando forse le parole adatte, come accade per ciascun prete. In tutto ciò, scopriamo un mistero di vita e di donazione: don Lino è stato segno della presenza del Signore in mezzo a noi! Come ogni prete, semplicemente prete, poveramente prete.

Nell’ultima telefonata scambiata, a inizio dell’anno scorso, mi ha ripetuto per ben due volte (mentre mi trovavo alle Miotte): “Dì ai miei compaesani di Riva che li porto nel cuore”. Testamento di un cammino che non ha mai scordato le proprie radici. A – Dio, don Lino.

don Fabiano

 

La comunità di Riva si stringe ai nipoti di don Lino, Lucia, Daniela e Ruggero insieme alle loro famiglie ed eleverà la preghiera di suffragio per lui nella celebrazione di domenica 2 febbraio alle ore 11.15 a Riva.